Prince Bony non avrebbe mai immaginato di traversare il deserto e il mare e trovarsi a fare lo stesso lavoro che faceva al suo paese. Seduto davanti a un casolare abbandonato, vestigia della riforma agraria, guarda l’orizzonte e riflette sulla propria vita. Prince divide questa dimora di fortuna con una decina di altri lavoratori stagionali ghanesi. Senza documenti, senza soldi, senza prospettive, hanno trovato rifugio qui, in mezzo alla campagna italiana, in questo gruppuscolo di ruderi che per un’ironia del destino si chiama “Borgo Libertà”.
Questo è l’inizio di “The dark side of the italian tomato” un web documentario di Mathilde Auvillain e Stefano Liberti che svela i molti legami tra agricoltura italiana e immigrazione africana in europa