Educare alla Cittadinanza mondiale è apparsa subito come un’impresa difficile: superare i conflitti tra le quattro mura delle aule occupa già molto del nostro tempo, figuriamoci insegnare a dei preadolescenti, concentrati su se stessi e sui propri bisogni, cosa significhi sentirsi cittadini del mondo, responsabili di cosa accade al di là dei confini del loro quartiere, della loro città, della loro nazione…
Poi il viaggio dei migranti, gli sbarchi sulle coste della Sicilia, della Grecia, della Turchia, il naufragio di tanti loro coetanei sulle nostre spiagge, ci hanno convinto dell’urgenza della questione e abbiamo aderito al progetto con la consapevolezza della difficoltà, ma anche della necessità dell’impresa.
Siamo partiti dalla riflessione sulla assoluta casualità dell’essere nati dalla parte giusta o sbagliata del mondo: nessuno di noi ha meritato di vive-
re in un paese libero, nessuno di coloro che fuggono ha meritato o scelto di nascere al di là del mare.
Dalla parte sbagliata
Cosa significa essere dalla parte sbagliata? Il romanzo di Francesco D’Adamo, seguito della celebre Storia di Iqbal, è servito da guida per capire cosa voglia dire non avere infanzia, essere costretti a lavorare anziché studiare, combattere per i propri diritti, in Pakistan, ma anche a Milano.
Fuggono dalla paura
Perché si parte? Perché molti sono disposti a rischiare la morte, una morte terribile, pur di raggiungere l’altra sponda del Mediterraneo?
Si fugge dalla povertà: i ragazzi hanno sperimentato, durante un laboratorio, cosa significhi vivere in Africa e doversi sedere in 20 su un’unica sedia e vivere negli Stati Uniti, dove invece le risorse a disposizione sono talmente tante che ognuno può permettersi di sdraiarsi comodamente su due o tre sedie a testa.
Ma la povertà non è soltanto la mancanza di beni, è anche la mancanza di diritti; i nostri alunni si sono stupiti nel vedere, in una scena del film Timbuctù, che alcuni coetanei giocano a calcio, come loro, ma senza il pallone, perché in quel paese è vietato divertirsi, è vietato giocare, è vietato ascoltare o fare musica.
Srebrenica 1995-2015: Ricomposta memoria
La nostra generazione non ha conosciuto la guerra in prima persona,
ma abbiamo avuto dei nonni, dei genitori che ce l’hanno raccontata, che ce ne hanno testimoniato la paura, l’angoscia , le privazioni. I nostri figli, per fortuna, sono lontani anche da quei ricordi e la guerra la studiano sui libri di storia.
Per questo abbiamo pensato che la testimonianza diretta di una nostra collega che è andata nella vicina Bosnia Erzegovina per il ventennale del massacro di Srebrenica, potesse essere un racconto più efficace, per far comprendere il perché si decida di fuggire dalla propria Patria, e perché neppure più i frutti di bosco possano essere raccolti in quel paese dove i boschi sono ancora pieni di mine pronte ad esplodere.
Trenta fotografie di Luca Valsecchi (Collettivo Scatto Unico) hanno accompagnato questo racconto e sono rimaste esposte per un mese a scuola, in una mostra curata da Ico Gasparri. I ragazzi le hanno rielaborate in dieci gigantografie, mettendo in evidenza, attraverso il colore un volto, un gesto, un’espressione che li abbia particolarmente colpiti o per cogliere in tanto dolore un seme di speranza.
Sono commentate dalle loro didascalie, nate dall’osservazione attenta e dalle emozioni che hanno suscitato.
Dalla scenografia all’immedesimazione
Ogni passo di questo viaggio è stato motivo di riflessione e ciò che ne è scaturito è il testo del laboratorio espressivo confluito in un breve ma intenso spettacolo.
I ragazzi hanno costruito una barca (le dimensioni sono quasi reali) e hanno provato a sperimentare, anche se in mimima parte, cosa significhi mettersi in viaggio senza la certezza di arrivare alla meta.
Non è un film
Il rischio era quello di vivere questa esperienza come una realtà virtuale, come l’ennesima scena del viaggio dei migranti vista al telegiornale o al cinema, per questo abbiamo terminato il lavoro con una canzone che ripete ossessivamente “non è un film” e che incita tutti a scegliere da che parte stare, dalla “parte del mare”. La canzone “non è un film” è di Fiorella Mannoia “con la partecipazione del rapper Frankie HI-NRG MC la Sezione Italiana di Amnesty International e l’Associazione Voci per la Libertà hanno conferito il Premio Amnesty Italia 2012 per la sua elevata capacità di sensibilizzare il pubblico in materia di diritti umani” (fonte Wikipedia)
Condivisione e diffusione dei valori
Per condividere e diffondere i valori del progetto, abbiamo scelto di progettare delle spillette da condividere con il pubblico del nostro evento.
Jaisson, Miguel e Yassine hanno prodotto i disegni più votati e sono state realizzate due spille, stampate e distribuite la sera del 25 febbraio. In seguito si è deciso di elaborare anche il progetto per la maglietta della scuola Franceschi (tutti gli anni realizzata sul disegno scelto in seguito a concorso a tema solidale) sul tema “Popoli migranti, un solo mondo, un solo futuro”).
Hanno scritto di noi
Amnesty
https://www.facebook.com/AmnestyInternationalLombardia/posts/810319182428629:0
Famiglia Cristiana
http://www.famigliacristiana.it/fotogallery/srebrenica-il-genocidio-da-non-dimenticare.aspx
Repubblica on line
Zona nove
http://www.niguarda.eu/zona_nove/pdf/201603/giornale.pdf
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