All’Istituto M. di Canossa di Como si è parlato di Migrazione e Globalizzazione, nel proseguo delle tematiche sviluppate nella “Settimana Scolastica della Cooperazione Internazionale”- 22/28 Febbraio, nell’ambito del progetto “Un Solo Mondo, Un Solo Futuro”.
L’incontro con gli alunni delle classi seconda e terza media dell’istituto è stato animato da Roberto Ciriminna, coordinatore delle Strutture di Accoglienza della Provincia di Como che ha presentato la storia di Tapha Njie, prima profugo ed ora operatore della Cooperativa “Simplokè” interna alla Caritas di Como. Di scena anche ASPEm Onlus rappresentata dalla servizio civilista, Leticia Banful, che ha raccontato il viaggio dal suo paese d’origine per giungere, con occhi da bambina, in un mondo completamente diverso e nuovo, spiegando come si possa prendere il meglio da due culture differenti e farle convivere, quella Ghanese e Italiana.
Roberto racconta come “il problema “Tapha” sia un problema di tutti, ovvero di tutti i profughi che come lui si ritrovano per motivi diversi a fuggire dal proprio paese d’origine e a cercare rifugio all’estero.”
Tapha ci racconta di come solo due anni fa, sia arrivato come profugo in Italia e oggi, invece, lavori come operatore che accoglie i suoi stessi “fratelli”, come a loro piace chiamarsi, quando arrivano sul nostro territorio.
È una storia profonda, che inizia dal Gambia, suo paese d’origine, per passare dalla sete e dalla fame del deserto fino al mare libico e poi su un barcone con altre 180 persone e finalmente l’approdo in Italia.
Molte delle domande fatte dagli studenti riguardavano il viaggio, i momenti più difficili, e paure incontrate e quelle affrontate; altre riguardavano l’arrivo, come fosse stata l’accoglienza, come avesse vissuto in tutto questo tempo lontano da casa e dagli affetti. Qui Tapha ha raccontato i motivi della fuga dal suo paese, di quanto questo sia soggetto a leggi dittatoriali, della moglie e dei due figli, uno di questi nato durante il suo viaggio e mai conosciuto.
Di nuovo Roberto ci dice come molto spesso oggi si senta parlare di “Globalizzazione” spiegando ai ragazzi come alcune scelte fatte a Como, piccola realtà, si possano ripercuotere nel resto del mondo.
Durante l’incontro è stato consegnato agli alunni un brano che trattava di Educazione alla Mondialità dal titolo “AMBRA, TRA GLOBALIZZAZIONE E UNIVERSALIMO”:
In un paese né grande né piccolo, da qualche parte in Italia, vive una bambina che si chiama Ambra, nome derivato dalla parola anbar che in arabo significa “preziosa”.
Al mattino Ambra si alza presto e fa colazione con i corn-flakes, prodotti a base di cereali e di mais, originario del Messico. Poi si veste indossando una felpa di cotone, pianta originaria dill’India, introdotta in Europa dagli arabi alla metà del sec. IX. L’etichetta della felpa dichiara: “made in Taiwan”. Ambra va a scuola e risolve problemi utilizzando numeri indiani, portati in Europa dagli arabi.
Tornata a casa si concede un po’ di tempo davanti alla TV. Mentre guarda i suoi cartoni animati giapponesi e un documentario sui Masai, sgranocchia una barretta di cioccolato, ottenuta dalla lavorazione del cacao, coltivato esclusivamente nelle zone tropicali.
Nel frattempo anche papà è tornato. A tavola Ambra ascolta confusa un suo commento alle notizie del telegiornale: “Tutti questi stranieri minacciano la nostra tradizione e non hanno proprio niente da insegnarci”.
Questo brevissimo racconto, ci dice Roberto, è una riflessione per “non barricarci dietro confini di preconcetti”, poiché <<anche la vostra cultura deve essere un ponte nei confronti delle altre culture”.
L’accoglienza, il superamento dei conflitti e delle distanze verso “altre” persone e le condizioni che si portano appresso devono riuscire ad avvicinarci a situazioni, a storie di vita, a necessità che noi non viviamo solo perché più fortunati.
Nella parte finale dell’incontro sono stati illustrati brevemente i meccanismi di accettazione dei “profughi” e di come gli stessi siano soggetti al “Giorno della Commissione”: giorno in cui il singolo profugo incontra uno psicologo, un sociologo e un esponente della polizia.
Il colloquio, che valuta i diversi casi, può variare da una fino alle tre ore a seconda delle problematiche riscontrate e la risposta valutativa da parte degli Enti arriva dopo circa un mese.
Questo è per loro un giorno cardine per la loro permanenza negli Istituti di Accoglienza.
Roberto non ha potuto illustrare l’intero iter, poiché molto complesso e articolato, ma sicuramente ha toccato temi e aggiunto punti di riflessioni sulla situazione di emergenza che l’Italia, come ogni altro stato Europeo sta vivendo.
In quest’epoca di mutazioni e cambiamenti, il progetto “Un solo mondo un solo futuro”, prende in mano le redini dell’istruzione e cerca di smuovere le giovani menti del domani.
“La realtà, può essere mascherata, solo da occhi vitrei”