In occasione della Settimana Scolastica della Cooperazione Internazionale 2016, l’ONG siciliana CoPE – Cooperazione Paesi Emergenti è andata in giro per le scuole di Catania e provincia e ha incontrato i ragazzi di scuole secondarie di primo e secondo grado in una fitta serie di appuntamenti che hanno coinvolto studenti e insegnanti, per raccontare e capire insieme la storia e le dinamiche dei fenomeni migratori.
E per dare un volto ed una voce a questa esperienza e rendere più concreta e vivida la percezione di concetti che spesso entrano a far parte dell’immaginario collettivo in maniera distorta e superficiale, collegati a stereotipi negativi se non addirittura ignorati e fatti passare in sordina, in quel grande calderone delle notizie strillate e in continua mutazione alle quali si diventa pian piano assuefatti e alle quali si rischia di non fare più caso, il CoPE ha fatto parlare direttamente chi questa esperienza l’ha vissuta sulla propria pelle: Mohamed.
Mohamed è un rifugiato politico del Burkina Faso, è un mediatore culturale che vive e lavora in Italia, dove è arrivato su un barcone, al termine di un viaggio pericoloso e rocambolesco. Lui è abituato a parlare e confrontarsi con i ragazzi delle scuole, è bravo a raccontare la sua storia. Così, quando Mohamed arriva nelle scuole, gli studenti lo ascoltano con estrema attenzione, gli pongono parecchie domande, ignorano persino la campanella della ricreazione, tanto sono presi dal suo racconto.
«Perché sei andato via dal Burkina? », «Com’è stato il viaggio? », «Cosa hai fatto una volta arrivato qui?» Sono solo alcune delle domande che vengono rivolte a Mohamed. Domande apparentemente semplici che aprono un mondo. E le cui risposte sono difficili da sopportare, perché parlano di un paese in dittatura e di sofferenza, dell’improvvisa separazione dalla propria famiglia, di amici e vicini morti ingiustamente e dispersi nel corso di un viaggio pericoloso, in cui la probabilità di morire affrontando il cammino è comunque preferibile alla certezza di farlo rimanendo nella propria terra.
Il tempo dedicato all’ incontro con Mohamed scorre velocemente. I ragazzi sono curiosi, vorrebbero continuare ad ascoltarlo e parlare con lui, fargli domande. Molti gli chiedono di scattare una foto insieme, per ricordo. E quando arriva il momento dei saluti, sembra che in molti di loro sia rimasto qualcosa, quantomeno un minimo di consapevolezza in più sul fenomeno delle migrazioni e la voglia di contribuire alla costruzione di un nuovo mondo, un nuovo futuro.